Era una balena vecchissima. La testa era coperta di piante marine, la schiena occupata da crostacei e da una gran quantità di ostriche e conchiglie, così che la pelle nera era tutta macchiata di bianco.
«Vieni anche tu, vecchia» le dissero. «È arrivato un nuovo pesce che non si può sopportare.»
«Preferisco restare qui dove sono» disse la vecchia balena. «Lasciatemi in pace, lasciatemi qui. Ah, sono molto malata! Mio solo sollievo è risalire alla superfìcie e mettere la schiena fuori. Così arrivano quei grandi e simpatici uccelli marini a beccarmi: è un tale piacere; basta che non affondino troppo il becco, a volte arrivano fino a toccare il grasso.
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Il grande serpente di mare -parte quarta-
«Non ingoiarmi!» disse il pesciolino «sono così piccolo che non sono neppure un bocconcino, e poi mi piace molto vivere!»
«Che cosa fai qua giù, dove quelli della tua specie non arrivano?» chiese la balena. Così il pesciolino raccontò di quella lunga e straordinaria anguilla o qualunque cosa fosse, che si era calata dall’alto e aveva spaventato anche il più coraggioso abitatore del mare.
«Oh!» esclamò la balena aspirando tanta acqua che dovette gettare uno zampillo enorme quando risalì per tirare il fiato. «Oh!» ripetè «è quello allora che mi ha fatto il solletico sulla schiena mentre mi voltavo! Credevo fosse l’albero maestro di qualche nave e che avrei potuto usarlo per grattarmi la schiena; ma non era da queste parti. No, quella cosa si trova molto più lontano. Voglio andare a vedere, tanto non ho altro da fare!»
Così nuotarono, quella davanti e il pesciolino dietro, non troppo vicino perché dove la grande balena fendeva l’acqua si formava un’ondata molto violenta.
Il grande serpente di mare -parte terza-
«Ha sofferto la fame!» replicò la foca «ma si riprenderà presto, e tornerà a essere grande e grossa. Credo che sia il grande serpente di mare di cui gli uomini hanno così paura e di cui parlano tanto; non l’ho mai visto prima e non ho mai creduto che esistesse; ora invece lo credo: è quella» e la foca si tuffò.
«Sapeva tante cose! Quanto ha parlato!» commentarono i pesciolini. «Io non ho mai saputo tante cose prima! Purché non siano storie!»
«Potremmo andar giù a controllare» disse il più piccolo. «Lungo la strada sentiremo l’opinione degli altri.»
«Noi non vogliamo dare un solo colpo di pinna per sapere qualcosa!» risposero gli altri voltandosi.
«Ma io sì!» disse il più piccolo, e si diresse verso il mare più profondo.
Il grande serpente di mare -parte seconda-
Con tutto quello spavento e quell’agitazione, i milleottocento fratelli si divisero e non si incontrarono più, o meglio non si riconobbero più; solo una decina di loro rimase insieme, e dopo essere rimasti fermi qualche ora, si rimisero dal primo spavento e cominciarono a incuriosirsi.
Si guardarono intorno; guardarono in su e in giù, e sul fondo credettero di vedere quell’oggetto terribile che aveva spaventato loro e tutti gli altri, grandi e piccini. La cosa giaceva sul fondo del mare, lunga fin dove potevano vedere, e molto sottile, ma loro non sapevano quanto si sarebbe potuta ingrossare o quanto forte fosse. Se ne stava lì ferma, ma loro pensarono che lo facesse per malizia.
«Lasciatela stare, lasciatela stare! A noi non interessa!» disse il più prudente di quei pesciolini. Ma il più piccolo non volle rinunciare a capire che cosa fosse quell’oggetto; era venuto dall’alto, quindi là in alto avrebbero forse potuto sapere qualcosa; così nuotarono verso la superfìcie del mare: il tempo era molto bello.
Il grande serpente di mare -parte prima-
C’era una volta un pesciolino di mare di buona famiglia; il nome non me lo ricordo, ma te lo possono dire gli esperti. Quel pesciolino aveva milleottocento fratelli, tutti uguali a lui; non conoscevano né il padre né la madre e dovettero immediatamente provvedere a se stessi e nuotare qua e là, ma per loro era un gran divertimento. Avevano abbastanza acqua da bere, tutto l’oceano, e al cibo non pensavano, lo trovavano comunque! Ognuno avrebbe seguito la propria inclinazione, ognuno avrebbe avuto una sua storia; ma a questo nessuno di loro pensava.
Il sole brillava sull’acqua che luccicava intorno a loro, era trasparente, un mondo pieno di figure stranissime, alcune spaventosamente grosse, con fauci enormi, che avrebbero potuto ingoiare tutti i milleottocento pesciolini, ma loro non ci pensavano neppure: nessuno di loro era ancora stato ingoiato.
I fiori della piccola Ida -parte sesta-
Poi giunsero molti altri fiori e ballarono tutti insieme, le violette azzurre e le margheritine rosse, le margherite e i mughetti. E tutti si baciavano tra loro, erano così carini da vedere!
Alla fine si augurarono la buona notte e anche la piccola Ida se ne tornò nel suo lettino, dove sognò tutto quello che aveva visto.
Quando il mattino dopo si alzò, andò subito al tavolino per vedere se i fiori erano ancora li, tirò le tendine del letto e, sì c’erano tutti, ma erano completamente appassiti, molto più che il giorno prima. Sofia era nel cassetto, dove l’aveva messa lei, e appariva molto assonnata.
“Ti ricordi che cosa mi dovevi dire?” chiese la piccola Ida, ma Sofia aveva l’aria molto stupida e non disse una parola.
“Non sei affatto buona” disse Ida “eppure hanno ballato tutti con te.”
I fiori della piccola Ida -parte quinta-
Il frustino di carnevale continuò a danzare e il consigliere non poteva non danzare con lui; che si facesse ancora lungo lungo o restasse il bambolotto di cera con il cappello enorme, non serviva proprio a niente. Allora furono gli altri fiori a chiedere che potesse smettere, soprattutto quelli che avevano riposato nel letto della bambola, e così il frustino di carnevale si fermò. Contemporaneamente si sentì bussare forte nel cassetto, dove la bambola di Ida, Sofia, si trovava con molti altri giocattoli; il bruciafumo corse fino al bordo del tavolo, si affacciò, appoggiato sulla pancia, e aprì un pochino il cassetto. Sofia si alzò in piedi e si guardò intorno meravigliata. “Qui c’è un ballo!” disse “perché nessuno me l’ha detto?”
“Vuoi ballare con me?” chiese il bruciafumo.
I fiori della piccola Ida -parte quarta-
Non c’era luce là dentro, ma ugualmente la stanza era luminosa, la luna brillava attraverso la finestra fino in mezzo al pavimento! Era quasi come se fosse giorno. Tutti i giacinti e i tulipani erano allineati in due file sul pavimento, non ce n’erano più alla finestra, i vasi erano tutti vuoti. Sul pavimento i fiori ballavano girando tra di loro, facevano catene ordinate e si tenevano per le lunghe foglie verdi, quando ruotavano.
Al pianoforte sedeva un grande giglio giallo, che Ida di sicuro aveva visto quell’estate perché ricordava bene che lo studente aveva detto: “Oh, come assomiglia alla signorina Line!”, ma tutti lo avevano preso in giro; ora invece anche Ida pensava che il lungo fiore giallo assomigliava alla signorina, e si muoveva allo stesso modo mentre suonava, piegava il viso allungato prima da un lato e poi dall’altro, segnando il tempo della musica.
I fiori della piccola Ida -parte terza-
La piccola Ida pensava invece che era così divertente quel che lo studente raccontava dei suoi fiori, e ci pensò a lungo. Se i fiori avevano la testa piegata perché erano stanchi di aver ballato tutta la notte, erano sicuramente malati. Così li prese e li portò da tutti i suoi giocattoli, sistemati su un grazioso tavolino col cassetto pieno di cianfrusaglie. Nel letto della bambola c’era la bambola, Sofia, che dormiva, ma la piccola Ida le disse: “Adesso devi alzarti, Sofia, e accontentarti di stare nel cassetto per questa notte; i poveri fiori sono malati e devono sdraiarsi nel tuo letto, così forse guariranno”, e sollevò la bambola che la guardava di traverso ma non disse una parola, perché era molto arrabbiata di non poter stare nel suo letto.
Poi Ida mise i fiori nel lettino della bambola, li coprì per bene con la coperta e disse che dovevano stare tranquilli: avrebbe preparato del tè per loro, così sarebbero guariti e si sarebbero alzati di nuovo l’indomani.
I fiori della piccola Ida -parte seconda-
“È divertente!” disse la piccola Ida e batté le mani. “Ma neppure io potrei vedere i fiori?”
“Sì; ricordati, quando andrai là di nuovo, di guardare dentro la finestra e sicuramente li vedrai. Io ho guardato oggi e c’era un lungo narciso giallo sdraiato sul divano che si stiracchiava come se fosse stato una dama di corte.”
“Anche i fiori del giardino botanico possono andare fin là? Possono camminare così a lungo?”
“Certo che possono. Quando vogliono, possono anche volare. Non hai mai visto le belle farfalle, rosse, gialle e bianche, che sembrano proprio dei fiori? E lo erano; sono saltate dal gambo verso l’alto e hanno agitato i petali come se fossero state piccole ali, e così han cominciato a volare; e dato che si comportarono bene, ottennero il permesso di volare anche di giorno, non dovettero più tornare a casa e rimettersi sul gambo, e così i petali divennero alla fine delle ali vere.