Il giovane Huang era buono e generoso, tanto generoso che tutti, nel villaggio, tessevano le sue lodi. Questo a Huang non faceva molto piacere, perché, oltre a tutte le altre virtù, aveva anche quella della modestia, perciò cercava di beneficare il prossimo di nascosto, ma la cosa veniva a risapersi lo stesso.
Un giorno il suo amico Sia morì, lasciando sei piccoli fratelli e la vecchia madre. I poveretti non avevano più nessuno al mondo che si prendesse cura di loro, perché i ragazzi erano ancora troppo piccoli per lavorare, e la madre troppo vecchia.
Favole e racconti
Le fiabe più belle: la regina delle rose
La Regina delle rose viveva un tempo in un giardino segreto. Elegante e profumata, la sovrana aveva tutte le caratteristiche piu’ belle dei fiori dai quali prendeva il nome. Viveva su una collina circondata da un roseto ricco e in perenne fioritura. Tutti gli abitanti del luogo le volevano bene e le riconoscevano molta saggezza. Le chiedevano consigli e la invitavano alle feste, dai matrimoni ai party di compleanno. La sua vita scorreva tranquilla, si godeva le belle giornate e stava al sole quando non scottava troppo, per non sciupare la pelle perfetta. Non aveva mai sentito il bisogno di uscire dal suo giardino incantato, perche’ li’ c’era tutto quello che la faceva felice. Oggi, ormai anziana, e’ sempre stupenda e ricorda con orrore l’anno nel quale si innamoro’.
Le fiabe più belle: il gigante della montagna
C’era una volta una collina che aveva sulla cima una bella foresta di pini alti e maestosi. Dagli abitanti del villaggio veniva chiamata la Montagna del gigante. Bastava fermarsi sul ponte costruito sul ruscello e guardare in altro per vedere una forma quasi umana. Aiutati dall’immaginazione, si poteva pensare che le rocce e gli alberi in realtà fossero un gigante addormentato. Lungo il sentiero che portava alla cima della collina sorgeva una specie di arco formato dalla roccia. Questa veniva detta la Porta del gigante. In un tempo molto lontano, si dice che quando qualcuno degli abitanti del paese voleva parlare con il gigante, si metteva davanti all’arco naturale e gettava un sasso oltre l’apertura, dicendo “Apri, gigante!”.
Le fiabe più belle: la leggenda dei coralli
In un tempo lontano lontano, un pescatore stava tornando a terra con la sua barca. Il cielo si stava facendo scuro, e non solo a causa del tramonto. Ma anche perché le nuvole si stavano addensando all’orizzonte. A un certo punto, senti’ un urlo straziante. Riconobbe a fatica la voce di una ragazza, visto che la tristezza e la paura le avevano camuffato il tono. Nonostante non fosse un tipo molto coraggioso, il pescatore decise subito che avrebbe fatto tutto il possibile per salvare la fanciulla in pericolo.
Le fiabe più belle: perché esistono i deserti
Una volta, all’inizio dei tempi, la terra era ricca di prati e campi coltivati, boschi e vallate. Il terreno era appena stato creato e dava con facilita’ frutti buoni e abbondanti. In un villaggio ai bordi della foresta, abitavano due uomini. Ognuno aveva un grande campo che rendeva bene e gli dava da vivere. Quando comincio’ la siccita’, i due uomini si incontrarono per decidere che cosa fare. Piu’ passava il tempo, piu’ la terra senza acqua soffriva e diventava arida. Di conseguenza gli alberi e l’erba morivano.
Le fiabe più belle: il drago ingannato
Tanto tempo fa, quando esistevano ancora fate e cavalieri, in un piccolo paese austriaco, gli abitanti avevano un gran brutto vicino di casa. Infatti, ai margini del bosco, c’era la grotta nella quale vivena un drago ferocissimo. Naturalmente tutti ne erano terrorizzati, perché quando il drago era affamato, e succedeva molto spesso, attaccava il bestiame, come le pecore e le mucche, ma anche le persone. Per questo motivo, la gente decise di ucciderlo. Si rendevano però conto che non sarebbe stato assolutamente facile. Visto che non potevano batterlo con la forza, perché il drago era molto più grande e potente di loro, lo avrebbbero eliminato con l’inganno.
Le fiabe più belle: il Sole innamorato
Una volta il Sole s’innamorò di una piccola stella che gli stava di fronte. La vedeva ogni mattina gingillarsi nel cielo e chiacchierare con tutti i pianeti e tutte le altre stelle. Sbatteva le ciglia, si specchiava nelle scie delle comete ed era sempre pronta a catturare il primo raggio di sole per brillare piu’ delle altre. Il Sole, a forza di guardarla, si era talmente innamorato di lei che un giorno non riusciendo piu’ a controllare il suo desiderio decise di farle un regalo. Allungo’ un raggio, stacco’ da una nuvola un fiocco bianco a forma di rosa e lo dono’ alla stella. La stella impertinente rise del suo gesto e il Sole per la vergogna divenne tutto rosso e si tuffo’ nel mare perche’ nessuno se ne accorgesse. Il giorno seguente il sole risorse e decise di fare un altro regalo alla stella.
Fiabe nordiche: a Oriente del sole e a Occidente della luna
C’era una volta un povero contadino con la casa piena di figli, ma non aveva gran che da offrir loro per nutrirsi e vestirsi, belli erano tutti ma la più bella, incredibilmente bella, era la figlia minore.
Era un giovedì sera alla fine dell’autunno, fuori il tempo era brutto ed era molto buio, pioveva e tirava un vento da far scricchiolare le pareti; sedevano intorno al camino e tutti avevano qualcosa da fare. All’improvviso qualcuno bussò tre volte alla finestra. L’uomo uscì per vedere cosa succedeva, e una volta fuori si trovò di fronte un grandissimo orso bianco. “Buonasera”, disse l’orso bianco. “Buonasera”, rispose l’uomo. “Se mi darai la tua figlia minore ti farò tanto ricco quanto ora sei povero” disse quello. Bè, all’uomo sembrava proprio una fortuna poter diventare ricco, ma pensò che prima avrebbe dovuto parlare con la figlia, così rientrò e disse che fuori c’era un grosso orso bianco che prometteva di farli diventare davvero ricchi se solo avesse potuto averla. La ragazza disse di no, non voleva, e così l’uomo uscì di nuovo e si accordò con l’orso bianco che che tornasse a sentire una risposta il prossimo giovedì sera. Intanto a casa cominciarono a tormentare la fanciulla, elencandole tutte le ricchezze che avrebbero ottenuto e i vantaggi che anche lei avrebbe avuto. Alla fine la ragazza acconsentì. Si lavò e rappezzò i suoi stracci, si adornò meglio che poteva e si preparò al viaggio. Non era molto ciò che aveva da portare con sé. Il giovedì sera l’orso venne a prenderla, lei gli montò in groppa con il suo fagotto e così si allontanarono. Dopo aver fatto un pò di strada l’orso bianco disse: “Hai paura?” No, non ne aveva. “Bè, tieniti ben stretta alla mia pelliccia e non ci sarà alcun pericolo” le disse.
Fiabe russe: il principe Ivan, l’uccello di fuoco e il lupo grigio
C’era una volta uno zar di nome Berendey, che aveva tre figli. Il palazzo dello zar era circondato da un orto bellissimo e tra i tanti alberi c’era un melo meraviglioso che produceva mele d’oro. Il giorno in cui lo zar scoprì che qualcuno era entrato nell’orto e aveva rubato le sue mele andò su tutte le furie e comandò alle guardie di acchiappare il ladro. Purtroppo però, nonostante vegliassero e cercassero per tutta la notte, le loro ricerche furono vane. Lo zar era così sconvolto dalla perdita delle sue mele d’oro che perse anche l’appetito. I suoi figli provarono a consolarlo e il più vecchio di loro disse: “Andrò io stesso a proteggere l’orto dal ladro stanotte, padre”. E andò nell’orto. Ma benché egli fosse arrivato là abbastanza presto quella sera e avesse gironzolato per qualche tempo, non vide nessuno. Così si sdraiò sul prato e presto si addormentò. La mattina il padre gli chiese: “Bene, figlio mio, hai buone notizie per me? Hai visto il ladro?”. “No, padre”, egli rispose “non ho dormito un attimo in tutta la notte, non ho nemmeno chiuso gli occhi ma, non ho visto nessuno”.
Fiabe Giapponesi: Urascimatarò
C’era una volta, in Giappone, un pescatore che si chiamava Urascimatarò. Egli era grande e forte, ma forse appunto per questo, amava molto le creature piccole e deboli, e specialmente gli animali.
Un giorno, mentre passeggiava sulla riva del mare, vide un gruppo di ragazzi che si agitavano e gridavano. Si avvicinò, e vide che stavano giocando con una tartaruga, ma giocavano in modo crudele e cattivo, e tormentandola e stuzzicandola in tutti i modi. Fingendo di ridarle la libertà, e quando la tartaruga s’incamminava faticosamente verso il mare, subito le erano addosso e la rovesciavamo sul dorso divertendosi a vederla agitare le zampette all’aria e facendole il solletico sul muso. Poi ricominciare da capo. “Vergogna!” gridò Urascimatarò. “Come potete divertirvi a tormentare così quella povera bestia?” “E tu che c’entri?” risposero i ragazzi, facendo sberleffi. “La tartaruga è nostra. L’abbiamo catturata noi e possiamo fare quello che ci pare.” Urascimatarò rimase male, ma vedendo che con quei monelli le parole non servivano, su frugò in tasca e vi trovò alcune monete. “Sentite,” disse allora ai ragazzi “Volete vendermi la tartaruga? Vi dò tutto il denaro che ho: accettate?” I monelli non se lo fecero dire due volte: presero le monete e corsero verso il più vicino negozio di dolciumi. Urascimatarò raccolse la tartaruga e la portò delicatamente fino al mare, poi la mise nell’acqua dicendo: “Và, povera bestiolina, e un’altra volta cerca di non farti catturare più.” La tartaruga fece un piccolo cenno di saluto, poi scomparve nella profondità del mare. Urascimatarò la seguì con lo sguardo fin che poté, poi volse le spalle e tornò a casa.