A quel punto, altri lupi si fecero avanti per salutarla e per accettare le sue carezze amorevoli. Il lupo nero, il lupo alfa, si alzò e mise le zampe posteriori sulle spalle di Megarin. Le sfiorò il naso, invitandola a giocare. Felice di essere stata accettata nel branco, lei ruzzolò e lottò con i suoi nuovi compagni nella foresta. “Ho fame” dissealla fine ed essi cacciarono. Divisero la preda con lei come se fosse una del branco, Megarin gustò la carne ancora calda e sanguinante. Pigramente, pensò, quanto sarebbe piaciuto il fegato a Madre Lupa.
Il gigantesco lupo nero, gettando di lato alcuni dei maschi più giovani, addentò il fegato. Tenendolo in bocca, con l’occhio destro guardò il marchio sulla fronte di Megarin. Con la stessa chiarezza come se avesse parlato, lei capì cosa intendeva. “Lo porterò a Madre Lupa e le dirò che sei dei nostri.” Il lupo balzò via e Megarin sedette immobile.
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Il marchio della lupa -5-
Un lupo avanzò tra gli alberi. Alto un metro e venti alle spalle, era nero come la notte ed il suo manto aveva riflessi argentei. Megarin deglutì, questo era un lupo selvaggio della foresta, non uno di quei cuccioli semidomati che molto spesso capitavano a Wolfhaven. D’improvviso sorrise: “ompagno lupo, spero che onorerai il fatto che anche io faccio parte di un branco.” La grande bestia ringhiò mpostrando le zanne forti, ancora giovani e bianche. Anche se sembrava che stesse guardandola negli occhi, Megarin pensò che il suo occhio destro fosse rivolto più alla sua fronte. E poi pensò alla testa di lupa che vi era marchiata. Di scatto si raddrizzò e guardò con fermezza l’animale della foresta. “Lasciami passare, fratello lupo. Mi è stata comandata una Ricerca.” Nel fondo della mente elevò una disperata preghiera al Grande Lupo.
Gli occhi del lupo nero si spostarono ed il suo sguardo fiero si mitigò. Megarin fece un passo avanti.
Il marchio della lupa -4-
Sfregando le mani sulla tunica di pelle, Megarin si voltò e attese che i suoi occhi si adattassero all’oscurità. Confusamente riuscì a distinguere una delle porte del tempio. Fuori, visto dalle finestre, il cielo sembrava più chiaro. Muovendosi verso la luce dell’alba, inciampò in una pietra sporgente. Si sentiva momentaneamente cieca come Madre Lupa era stata sempre. Riuscì finalmente a trovare la porta e uscì nel cortile. L’accolse il primo debole sprazzo di luce che illuminava l’orizzonte ad est. Megarin sorrise alla vista della Coda della Lupa, il segno zodiacale che segnava l’alba. “Buon giorno, Grande Lupa. Se la Madre ordina una Ricerca, allora ricerca deve essere.” Per un attimo guardò con desiderio gli edifici di pietra all’interno delle mura, poi, scrollando le spalle, uscì decisa dal cancello.
Il marchio della lupa -3-
Dal momento che non era stata messa alla prova davanti agli anziani, Megarin non sentì nessuna gioia per aver ottenuto quello che era stato il sogno della sua fanciullezza. Quando
Il marchio della lupa -2-
All’improvviso, la consapevolezza che quel fardello stava per passare a lei, la fece sentire molto stanca e cadde in ginocchio davanti all’altare. Attraverso i gambali di pelle di daino, sottili ma robusti, sentì la pietra liscia, levigata dal passaggio di molte generazioni. Stringendosi le spalle tra le mani giurò che non avrebbe rovinato quel momento solenne per la Madre o per le altre. In silenzio e con fervore, pregò la Grande Lupa che la cieca Vivien non inciampasse.
Come se fosse in grado di vedere (ma una cosa simile non era possibile, vero?), Madre Lupa sollevò le mani verso la nicchia vuota e offrì il suo saluto. A dispetto di se stessa, Megarin tremò. “Ti prego, o grande Lupa, fa che la sua vecchia mente non dimentichi che la coppa di cristallo è stata rubata da quella traditrice di Magda.”
Il marchio della lupa -1-
“E’ ora che tu entri a far parte del branco”, disse Madre Lupo. Per amore della donna vecchia e cieca, Megarin trattenne l’obiezione che le salì alle labbra. Non era il momento giusto! Era troppo giovane e non era ancora pienamente addestrata. Tra cinque anni, quando ne avesse avuti trenta, l’età giusta, Megarin sarebbe stata in grado di provare le sue capacità davanti ai suoi maestri, per guadagnarsi l’ingresso nel Branco. Ma nessuno degli insegnanti viveva ancora, nessuno, tranne la vecchia Vivien. Facendo cenno alle due devote adepte di farsi da parte, la vecchia scarna si avvicinò all’altare, con passo tanto fermo da smentire gli anni e al cecità. Megarin trasalì, furibonda, nel sentire le lacrime pungerle le palpebre. Le altre, tutte ancor più giovani di lei, non dovevano vederla piangere. Certo la vecchia Vivien stava per morire, perché altrimenti le avrebbbe ordinato di unirsi al branco, se non per prendere il suo posto come Madre Lupo per i cuccioli?
La promessa mantenuta -7-
La guerra cominciò perché Merlino, subito dopo aver parlato all’assemblea dei duchi, re e vassalli, lasciò il castello di Camelot e scomparve nelle grandi foreste cariche di neve. Il trono
La promessa mantenuta -6-
Merlino camminò fino al trono sul quale Pendragon giaceva ormai più morto che vivo, e disse: “Sire, sono io:”
“Ah, Merlino, vi riconosco” rispose debolmente il re.
“Dite a costoro chi siederà al vostro posto sul trono.”
Volgendo attorno gli occhi, re Pendragon mormorò: “Sul trono di Longres siederà il principe mio figlio.”
Per quanto avesse pronunziato queste parole con un filo di voce, pure tutti le udirono, perché si era fatto un grande silenzio. Dopo aver parlato, Pendragon sospirò tre volte, chiuse gli occhi e morì.
“Il re è morto” annunciò Merlino. Tutti si inginocchiarono.
La promessa mantenuta -5-
Ora avvenne che alla fine del secondo anno, mentre smisuratamente fioccava su tutta la Britannia, re pendragon si ammalasse gravemente. Le campane suonarono chiamando i fedeli a preghiera, e dai regni vicini, come dalle remote terre del nord, o dalle verdi isole dell’Irlanda, cominciarono a giungere a Camelot tutti i duchi, i re e i vassalli. Alcuni venivano per rendere omaggio al re morente; altri, invece, nella speranza di raccoglierne l’eredità.
Tutti si adunarono nella grande sala del castello, dove re Pendragon stava immobile sul trono, confortato dal calore di un fuoco di rami resinosi. Per riguardo, nessuno parlava; ma ecco che finalmente entrò nella sala Lot, re di Orkney.
La promessa mantenuta -4-
Trascorsero due anni, durante i quali re Pendragon non uscì che una sola volta dal suo castello, e fu quando accompagnò alla tomba sua moglie, la dolce regina Igraine. Nella cattedrale ove Igraine venne sepolta, re Pendragon pianse a lungo, battendosi il petto; e i suoi cavalieri erano tristi in volto, e tutti mormoravano: “Ah, guardate come piange il re! Guardate come è pallido e magro! Da quella tempestosa notte della Candelora, ricordate?, non è più il terribile uomo che era!”
Ora, siccome re Pendragon non era più il terribile uomo che era stato, molti dei suoi vassalli e i re delle terre a nord e a ovest cominciavano a ribellarsi alla sua autorità.