Il falso uccello e lo sposo stregone -parte prima-

 C’era una volta un vecchio mago che, preso l’aspetto di un mendicante, andava di casa in casa chiedendo l’elemosina e si portava via le belle ragazze. Nessuno aveva idea di dove le portasse, né di che fine facessero, perché non tornavano mai più. Un giorno arrivò davanti alla porta di un uomo che aveva tre belle figliole, lo stregone aveva l’aspetto di un poverello e portava sulla schiena una gerla come se volesse raccogliere lì i doni che riceveva. Chiese per carità un pezzo di pane e quando la figlia più grande glielo offrì, la toccò appena e quella dovette balzargli nella gerla. Poi lo stregone se n’andò a grandi passi e se la portò nella sua casa che stava nella boscaglia più fitta.

Le fiamme e la caldaia

 In mezzo alla tiepida cenere era rimasto un tizzo di carbone ancora acceso. Con grande penuria e con molta parsimonia consumava le sue ultime energie, nutrendosi del minimo indispensabile per non morire. Ma giunse l’ora di mettere la minestra sul fuoco, e perciò il focolare fu rifornito di nuova legna.
Uno zolfanello, con la sua piccola fiamma, resuscitò il tizzo che pareva ormai spento; e una lingua di fuoco guizzò fra la legna, sopra alla quale era stata appesa la caldaia.

La fortuna di Bodsbeck

 I brownie e le fate sono contenti se si lacia ogni giorno del cibo per loro fuori della porta di casa, ma detestano essere trattati con particolari riguardi.
Alla fattoria di Bodsbeck a Moffatdale c’era un brownie che lavorava di gran lena, sia in casa che nei campi, e si dava tanto da fare che Bodsbeck divenne la fattoria più ricca della zona.
Egli mangiava a volontà; ma erano cose semplici, e se ne cibava in piccole quantità. In un periodo dell’anno in quale la mietitura richiedeva un lavoro ancora più duro del solito, il fattore lasciò da parte per il brownie un pasto in più, a base di pane e latte, pensando di fare una cosa giusta nei suoi confronti, visto che durante il raccolto tutti i lavoranti ricevevano una maggiore quantità di cibo.

La margheritina -parte terza-

 Ma il povero uccello si lamentava a voce alta della libertà perduta e batteva con le ali contro le sbarre della gabbia; la margheritina non poteva parlare, non poteva dirgli una sola parola di conforto, come pure desiderava tanto. Così passò tutta la mattina.
«Qui non c’è acqua» disse l’allodola prigioniera. «Tutti sono usciti e non mi hanno dato una sola goccia d’acqua; ho la gola secca e infuocata, c’è fuoco e ghiaccio dentro di me e l’aria è così pesante! Ah, devo morire, lasciare il sole caldo, il fresco verde, tutte quelle bellezze che Dio ha creato!» e intanto affondava il becco nella fresca zolla d’erba, per refrigerarsi un po’; in quel momento il suo sguardo si posò sulla margheritina e l’uccello le fece un cenno di saluto, la baciò con il becco e esclamò:

La margheritina -parte seconda-

 L’uccellino le danzò intorno cantando: «Oh! com’è tenera l’erba! e che grazioso fiorellino col cuore d’oro e l’abito argentato!». Il bottone giallo della margheritina sembrava proprio d’oro e i piccoli petali bianchi luccicavano come argento.
Nessuno può immaginare quanto fosse felice la piccola margheritina! L’uccellino la baciò col suo becco, cantò per lei e poi volò di nuovo in alto, verso il cielo azzurro. Ci volle più di un quarto d’ora prima che il fiorellino si riprendesse. Un po’ vergognosa, ma anche profondamente felice, la margheritina guardò verso i fiori del giardino: avevano visto l’onore e la beatitudine che le erano toccati, potevano certo immaginare quale gioia fosse per lei; ma i tulipani erano ancora più dritti di prima e erano arcigni e rossi in volto, perché si erano arrabbiati.

La margheritina -parte prima-

 Ascolta un po’! Laggiù in campagna, vicino alla strada, si trovava una villa, l’hai certamente vista qualche volta. Proprio davanti c’è un giardinetto con vari fiori e un cancello dipinto; vicino al fossato, in mezzo a un bel prato verde, era cresciuta una margheritina; il sole splendeva caldo su di lei così come sui grandi fiori da giardino, e per questo il fiorellino cresceva molto in fretta. Una mattina era tutta sbocciata con i suoi piccoli petali bianchi luminosi, che sembravano raggi disposti intorno al piccolo sole giallo del centro. La margheritina non pensava certo che nessuno l’avrebbe notata lì nell’erba, e neppure pensava di essere un povero fiore disprezzato; no, si sentiva contenta e si voltò verso il caldo sole, volse lo sguardo verso l’alto e ascoltò l’allodola che stava cantando.

Il grano saraceno -parte prima-

 «Piega la testa come facciamo noi!» gli dissero i fiori.
«Io non ne ho bisogno!» rispose il grano saraceno.
«Piegati come facciamo noi!» gridò il grano «adesso passerà in volo l’angelo della tempesta! Ha grandi ali che vanno dalle nuvole del cielo alla terra, ti colpirà prima ancora che tu possa chiedergli di risparmiarti!»
«Ma io non voglio piegarmi» replicò il grano saraceno.
«Chiudi i fiori e piega le foglie!»

Il grano saraceno -parte prima-

 Molto spesso capita che, se si passeggia dopo un temporale in un campo dove cresce il grano saraceno, si scopre che questo è diventato tutto nero e bruciacchiato; come se una fiamma vi fosse passata sopra, il contadino infatti dice: «È stato colpito dal fulmine!» ma perché è stato colpito? Ora vi racconterò quello che un passerotto mi ha detto una volta, e il passerotto lo ha sentito da un vecchio salice che si trova ancora oggi proprio vicino a un campo di grano saraceno.
Era un salice molto grande e onorevole, ma ormai vecchio e grinzoso: aveva una fenditura proprio nel mezzo, e là crescevano l’erba e cespugli di more. Il salice è piegato in avanti, e i rami sono chini verso terra e sembrano lunghi capelli verdi.

Biancabella -parte quinta-

 Il re, che non aveva il cuor di pietra ed era di natura magnanimo e liberale, accettò l’invito di buon grado. E dopo aver fatto gli onori, da buon ospite, alle padrone di casa, se ne tornò a casa sua con la sua regina. Il giorno del pranzo, il re, la regina e la matrigna, regalmente vestite ed accompagnate da diverse matrone, andarono ad onorare la magnifica tavola già lautamente apparecchiata. E porgendo l’acqua per le mani, il siniscalco mise il re e la regina ad una tavola molto più adeguata delle altre, e dopo fece sedere tutti gli altri: e finalmente pranzarono tutti insieme in tranquillità. Finito il pomposo pasto e tolte le tavole, Samaritana si alzò in piedi; e rivolgendosi al re e alla regina, disse: “Signore, dal momento che stiamo qui tutti in ozio, qualcuno proponga qualcosa di piacevole da fare.” Tutti si dissero d’accordo, ma nessuno proponeva nulla, allora, vedendo che tutti tacevano, Samaritana disse: “Visto che nessuno propone, se Vostra Maestà me lo permette, farò venire una delle nostre donzelle a intrattenerci con il canto.”

Biancabella -parte quarta-

 Ma non sapendo come fare, s’avviò all’acqua, lì vicino, per tuffarvisi, e giunta sulla riva stava già per gettarsi dentro, quando udì una voce stridula che diceva: “Ahimè, non lo fare, non fare il peccato di toglierti la vita che Dio t’ha donato! Conservatela per un avvenire migliore.” Allora Biancabella si sentì arricciare i capelli dalla sorpresa, poiché le sembrava di riconoscere quella voce, e piena di ardore, disse: “Chi sei tu che vai errando per questi luoghi, con questa voce dolce e pia, senza farti vedere?” Rispose la voce: “Io sono tua sorella Samaritana, che hai chiamato fino adesso con tanta insistenza.” A queste parole, Biancabella, con la voce interrotta dai singhiozzi, le disse: “Ah! sorella mia, aiutami ti prego; e se io ho fatto l’errore di non seguire i tuoi consigli, ti chiedo perdono.