Biancabella -parte quarta-

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Ma non sapendo come fare, s’avviò all’acqua, lì vicino, per tuffarvisi, e giunta sulla riva stava già per gettarsi dentro, quando udì una voce stridula che diceva: “Ahimè, non lo fare, non fare il peccato di toglierti la vita che Dio t’ha donato! Conservatela per un avvenire migliore.” Allora Biancabella si sentì arricciare i capelli dalla sorpresa, poiché le sembrava di riconoscere quella voce, e piena di ardore, disse: “Chi sei tu che vai errando per questi luoghi, con questa voce dolce e pia, senza farti vedere?” Rispose la voce: “Io sono tua sorella Samaritana, che hai chiamato fino adesso con tanta insistenza.” A queste parole, Biancabella, con la voce interrotta dai singhiozzi, le disse: “Ah! sorella mia, aiutami ti prego; e se io ho fatto l’errore di non seguire i tuoi consigli, ti chiedo perdono. Ti confesso, sorellina, che sinceramente il mio errore fu per ignoranza, non per malizia; perché se fosse stato per malizia, la divina provvidenza non me l’avrebbe condonato tanto a lungo.” Samaritana, udito il compassionevole lamento, e vedendola così malridotta, la confortò affettuosamente; e raccolte certe erbucce di meravigliosa virtù, gliele mise sopra gli occhi, e giungendo due mani alle braccia, la risanò all’istante. Dopo di ciò, Samaritana, abbandonò la squallida scorza di biscia, e davanti a Biancabella si presentò una bellissima fanciulla.

Entrambe si alzarono in piedi
Il sole cominciò a calare, e le tenebre della notte cominciavano ad apparire, quando il vecchietto giunse velocemente nel bosco, e trovò Biancabella seduta con un’altra ninfa. E guardandola nel chiaro dagli occhi chiari, egli rimase stupefatto, quasi non riconoscendola. Ma poi la riconobbe, e le disse: “Figliuola mia, voi stamattina eravate cieca e monca; come avete fatto a guarire così in fretta?” Biancabella rispose: “E’ solo merito delle virtù di questa giovane fanciulla qui seduta vicino a me, che è mia sorella.” E allora entrambe si alzarono in piedi e insieme al vecchio se ne andarono alla casetta, dove furono accolte con allegria dalla moglie e dalle figlie.

Venuta la buia notte
Erano già passati parecchi giorni, quando Samaritana, Biancabella ed il vecchio con la moglie e con le tre figliuole si trasferirono alla città di Napoli, e trovando un posticino tranquillo e libero, proprio al dirimpetto del palazzo del re, si sedettero a riposare. E venuta la buia notte, Samaritana, presa una vergella di lauro in mano, percosse tre volte la terra dicendo certe parole; le quali, appena furono pronunciate, scaturì il più bello e superbo palazzo mai visto. La mattina dopo, Ferrandino si affacciò alla finestra, e vide il ricco e meraviglioso palazzo, restando tutto attonito e stupefatto. E chiamata la moglie e la matrigna, lo vennero a vedere. Ma quelle furono parecchio contrariate, sospettando che ci fosse dietro qualcosa di losco. Ma Ferrandino rimase a contemplare il palazzo, ed avendolo ben valutato, alzò gli occhi e vide dalla finestra d’una camera due matrone che di bellezza facevano invidia al sole.

Erano due donne straniere
E nel vederle, gli venne una fitta al cuore, poiché gli pareva riconoscere Biancabella in una di loro. Allora subito a chiedere chi fossero e da dove venissero, e gli fu risposto che erano due donne straniere, che venivano dalla Persia con i loro averi, per abitare in quella gloriosa città. Allora egli volle sapere se poteva recarsi in visita a casa loro, ed esse gli risposero favorevolmente, ma che era più conveniente ed onesto ch’elle, come suddite, andassero da lui. Ferrandino, fatta chiamare la regina e le altre donne, prima che queste cambiassero idea, si recò subito con loro al palazzo delle sue nuove vicine, le quali lo accolsero con gentile e riverente ospitalità, mostrandogli le ampie logge e le spaziose sale e camere ben arredate, le cui mura erano d’alabastro e porfido fino, e le grandi scalinate del palazzo. Dopo aver mostrato il pomposo palazzo, la bella giovane, accostatasi al re, dolcemente lo pregò che acconsentisse con la sua donna di voler un giorno pranzare con loro.

Fiaba di G.F.Straparola

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