Fiabe tedesche: il paese senza dolci

 C’era una volta, nella fredda Germania del Nord, un piccolo paesino isolato dal resto del mondo. Gli abitanti del luogo erano molto legati alle tradizioni, proprio perche’ non avevano contatti col mondo esterno. Il conte Haider era l’unico nobile del paese e in quanto tale era l’unica persona colta, perche’aveva potuto studiare. Per questo motivo era stato eletto sindaco. Purtroppo aveva perso la moglie e da quando era rimasto solo era diventato molto rigido e intransigente. Gli abitanti dovevano rigorosamente rispettare tutte le sue decisioni. Non c’era democrazia. La cosa piu’ assurda era che in questo paese non c’erano pasticcerie! Nemmeno nelle case private si potevano fare dolci! Lo aveva proibito il conte dopo la scomparsa della moglie, la quale era morta per una indigestione di pasticcini.

Fiabe irlandesi: l’isola fantasma

 Un giorno nel mare d’Irlanda emerse improvvisamente una gran mole di terra. Gli abitanti di un’isola vicina nel vedere questo credettero all’inizio che essa fosse il dorso di una balena emerso in superficie. Ma poi vedendo che rimaneva assolutamente immobile, pensarono che fosse terra. Un gruppo di giovani più coraggiosi decisero di sciogliere definitivamente questi dubbi, così presero un’imbarcazione e si diressero verso l’isola. Non appena, però, stavano per raggiungerla essa ,così come era apparsa, scomparve.

Fiabe degli indiani d’America: le frecce magiche

 C’era una volta un giovane che volle partire per fare un lungo viaggio. Sua madre gli diede dei sacchi di carne secca e delle paia di mocassini, mentre suo padre gli disse: Figlio mio, ti do queste quattro frecce magiche. Quando avrai bisogno, lanciane una! Il giovane andò nella foresta e riuscì per diversi giorni a procurarsi cibo. Ma un giorno non riuscì a prendere niente. Allora lanciò la freccia magica e riuscì a prendere un grosso orso. Un altro giorno, fu di nuovo in difficoltà: rilanciò un’altra freccia magica e riuscì a prendere un’alce. La terza volta che si trovò in difficoltà riuscì a catturare grazie alla terza freccia magica una renna e la quarta volta catturò un bufalo. Dopo aver utilizzato anche l’ultima freccia, il giovane uscì dalla foresta ed arrivò in un villaggio.

Fiabe giapponesi: la ragazza del melone

 C’erano una volta una coppia di anziani coniugi, senza figli. Un giorno la moglie ando’ a fare il bucato in un ruscello e vide galleggiare un bellissimo melone. Decise di portarlo a casa e di dividerlo con il marito. Quando lo aprirono, videro che dentro c’era una neonata. Ne furono felici, perche’ avevano sempre desiderato avere dei bambini per casa. Passo’ del tempo e la bambina crebbe e divento’ una bellissima ragazza. Era rispettata da tutti perche’ era gentile e generosa. La ragazza si era fidanzata con il figlio del signore di quella zona. Nella foresta viveva un’orchessa, gelosa della felicita’ della figlia del melone.

Fiabe marocchine: Haina

 Una bellissima fanciulla di nome Haina, fidanzata con un bel giovane del suo paese, un giorno ando’ raccogliere legna nel bosco con le sue amiche. Mentre raccoglieva i rami secchi, vide a terra un mortaio d’oro. Subito penso’ di prenderlo perche’ era molto bello e prezioso e lo mise da parte per portarlo a casa: aveva in mente di venderlo e di ricavarne tanti soldi. Quando fu l’ora di fare ritorno a casa, lo prese e si accorse che era molto pesante. Decisa nel suo intento, s’incammino’ con le amiche ma faticava molto a tenere il passo. Le ragazze cercarono di dissuaderla dal suo intento, ma lei a tutti costi volle portarlo con se’. Rimase sempre piu’ indietro e, ad un certo punto, non vide piu’ nessuno e si trovo’ da sola.

Fiabe irlandesi: la gallinella rossa

 Un giorno una Gallinella Rossa stava razzolando nel cortile, quando trovò un chicco di grano. “Questo chicco di grano va piantato,” disse. “Chi lo fa?” “Io no, “rispose l’anatra. “Io neanche,” rispose il gatto. “Io nemmeno,” rispose il cane. “Allora lo farò io,” disse la Gallinella Rossa, e così fece.
Poco tempo dopo, il grano crebbe biondo e rigoglioso. “Il grano è maturo,” disse la Gallinella Rossa, “Chi si offre di mieterlo?” “Io no,” rispose l’anatra. “Io neanche,” rispose il gatto. “Io nemmeno,” rispose il cane. “Allora lo farò io,” disse la Gallinella Rossa, e così fece.

Fiabe africane: il bambino d’oro e il bambino d’argento

 Niame, il più potente fra i maghi del cielo, viveva in una fattoria posata sopra un bellissimo tappeto di nuvole. Un giorno decise di prendere moglie e invitò a presentarsi le quattro fanciulle più belle della sua tribù. Poi domandò a ciascuna: – Che cosa faresti, per me, se io ti sposassi? La prima, che si chiamava Acoco, dichiarò: – Spazzerei la fattoria e governerei la tua casa. E la seconda: – Cucinerei ogni giorno per te le pietanze migliori. E la terza: – Filerei montagne di cotone e andrei tutti i giorni ad attingere l’acqua. E la quarta: – Io, Niame, ti darei un figlio tutto d’oro. Naturalmente Niame scelse l’ultima e ordinò di preparare la cerimonia per le nozze. Acoco fu molto contrariata per la scelta fatta da Niame; si rodeva di invidia e di gelosia. Seppe tuttavia nascondere molto bene i propri sentimenti e riuscì a rimanere presso la giovane regina come dama di compagnia.

Fiabe arabe: Maruf il calzolaio

 C’era una volta un calzolaio di nome Maruf che viveva al Cairo con sua moglie Fatima, una vera arpia. Costei lo trattava così duramente, rendendogli il male per ogni sua buona azione, che Maruf cominciò a considerarla come l’incarnazione stessa dell’inspiegabile spirito di contraddizione universale.
Schiacciato da un sentimento di vera ingiustizia e in preda alla più cupa disperazione, Maruf si rifugiò in un monastero in rovina nei dintorni della città, dove sprofondò nella preghiera e nelle suppliche. “Signore”, implorava senza tregua, “ti supplico di indicarmi le vie della mia liberazione, affinché io possa andare il più lontano possibile e trovare speranza e sicurezza”.

Fiabe russe: i capretti e il lupo

 Nella steppa russa sorgono numerose le isbe, cioè le capanne dei contadini che hanno tetti rossi e spioventi e un’apertura nella porta, a forma di cuore. In una di queste isbe viveva felice Mamma Capra con i suoi figlioli. Le caprettini erano molto giovani, sulle loro fronti non si ergevano ancora le corna: non avrebbero potuto, perciò, difendersi dal Lupo Grigio, il feroce lupo della steppa. Così restavano sempre chiuse nell’isba, e fuori andava soltanto la mamma. Ogni mattino metteva il cappellino di paglia ornato di nastri e di fiori, e ripeteva le solite raccomandazioni: “Non aprite a nessuno, perché potrebbe essere il Lupo Grigio, che è feroce e sempre affamato e farebbe di voi un sol boccone: Io tornerò verso sera e vi chiamerò dalla strada: voi riconoscerete la mia voce e le mie parole.” Mamma Capra si allontanava verso i prati fioriti e i caprettini rimanevano a guardarla. Poi richiudevano la porta, davano tanto di catenaccio, e passavano tutta la giornata a dormire e a giocare in attesa del suo ritorno.Verso il tramonto la mamma ricompariva e si avvicinava alla porta cantando: “Caprettini, caprettini, vostra madre è arrivata. Ha mangiato l’erbetta tenera; e vi porta il buon latte ed erbe succulente. Aprite, caprettini, aprite alla mamma!”. I caprettini riconoscevano la voce dolce della loro mammina e aprivano subito, festeggiandola poi in mille modi. Succhiavano il buon latte, mangiavano le erbe odorose, poi giocavano, cozzavano, si inseguivano, fino a quando non veniva l’ora di andare a letto.

Fiabe cinesi: le otto tartarughe d’oro

 C’era un tempo un giovane di nome Wu Dun che viveva con la madre in una capanna ai margini di un villaggio. I due non avevano niente, nemmeno un campo da coltivare, e vivevano a malapena in mezzo ai patimenti.
Un bel giorno Wu Dun decise di andare a vangare un pezzo di terra abbandonato sul pendio della montagna per seminarvi del granoturco. Il pendio era ripido, pieno di pietre, la terra era asciutta, dura da vangare, e così Wu Dun partiva da casa allo spuntare del dì e rientrava solo a notte fonda.
Ben presto sulle sue mani si sagomarono otto calli duri e spessi. Ai piedi del pendio c’era un piccolissimo stagno. A volte, prima di tornare a casa, Wu Dun si tuffava nella fresca acqua color giada per darsi una bella lavata, e sguazzava a lungo soddisfatto.