Il Bello del Villaggio -6-

di Redazione Commenta

“Dunque stai parlando con altre donne”. Più che una domanda fu un’affermazione. Irani era stesa su un morbido giaciglio con la gatta accoccolata su un fianco. Una voce esitante chiamò: “Madre?” dalla soglia. Era Kulìa, ele sue due madri si voltarono all’unisono. “Tesoro, sto un po’ con la nonna. Dimmi, hai bisogno di me?” Irani fu gentile ma non sembrava intenzionata a muoversi. Kulìa doveva chiederle una serie di cose, come al solito, ma si tratenne.
“Hussa è a pesca col cane. La piccola è con altre bambine a giocare davanti a casa. Io vado a raccogliere rami di salicella al ruscello. E’ il momento giusto e Kalat mi insegnerà a intrecciare i cesti. Vorrei lavorare coi cestai alla Grande Casa.
“Va’, tesoro. E datti il tempo di imparare, non pensare di fare cesti belli subito”, le disse Irani.
“Va’, nipote, e pensa che farai dei magnifici cesti. Le tue mani sono adatte e il tuo volto mi dice che ti piacerà. Non tutti ne sono capaci, sai?, di fare dei cesti veramente belli” le disse Aranua. E guardò di sottecchi Irani, che fece un piccolo gesto di insofferenza, identico a quello che faceva quando era una ragazzina e portava a casa cesti sbilenchi che venivano sommessamente lodati e mai usati per le occasioni importanti.
Le due donne scoppiarono a ridere. “I miei erano veramente bruttini, Kulìa” le disse Irani.
“Vorresti pensare tu al pranzo, piccola? Ho bisogno di tua madre.”
La nonna lo aveva detto in tono allegro, ma a Kulìa non sfuggì il fatto che le si affidava una responsabilità.
“Certo, ci vediamo al tramonto, mamma?”
E’ vero che stava maturando ma anche lei aveva bisogno di conferme.
“Sicuro, Kulìa.”
“Bene, allora vado. Hussa e la piccola mi daranno un bel da fare. Non vengono mai subito quando li si chiama per il pranzo. E poi bisognerà dare un nome a quel cane che non si stacca dalla caviglia di Hussa.”
“Lascia che sia lui a darglielo” Irani le sorrise e la congedò. La ragazzina indugiò ancora un attimo. Che novità era questa? Tutto il giorno con la nonna… Ma tre salicelle, il pranzo e i cesti le parve che il tempo fosse poco e salutando corse via.
Le due donne invece avevano tutto il giorno davanti, cibo e bevande, legna da ardere e tutto quello che potevano desiderare. Ma soprattutto tempo. Avevano tempo.FINE
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani

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