Il marchio della lupa -7-

di Redazione Commenta

Non c’erano guardie ai cancelli, in attesa di porgere il benvenuto agli atanchi viandanti: Oakden sembrava deserta e dimenticata, ma rumori soffocati dissero a Megarin che era ancora abitata, e non solo da topi. Nella piazza ciondolavano tre uomini sporchi e trasandati che bevevano da una botiglia polverosa. Si fermò ad osservare quei tre malandati, rappresentanti di quella che una volta era stata una città prosperosa. Uno di loro si alzò e si diresse verso di lei. Gli altri lo seguirono, forse perché era lui che aveva la bottiglia. La voce dell’uomo era solo un poco impastata. “Che cosa stai facendo qui in città? Ti va un goccio?” Il secondo le girò intorno. “Certo che ti va!” Il terzo si lanciò verso di lei. Prima nessun uomo di Oakden avrebbe osato avvicinarsi ad una signora di Wolfhaven. Dovevano imparare di nuovo il rispetto! Megarin rimase immobile fin quando non le misero le mani addosso. Allorà cacciò due ditadella mano sinistra, rigide e tese, in un paio di occhi ed il gomito destro in uno sterno. Colpì il collo del terzo uomo con il taglio della mano destra. Poiché non intendeva uccidere, ma solo fargli imparare il rispetto, si trattenne dal colpire con forza mortale. Quando giacquero a terra gementi, lei annunciò: “Il Branco è tornato.” E orgogliosamente attraversò la strada principale di Oakden notando le teste che si traevano di scatto dalle finestre al suo passaggio. Era contenta di essere fuori dalla città fetida. Il puzzo era quasi insopportabile anche per il suo limitato odorato umano. Si domandò come dovessesembrare all’odorato di un lupo, ma decise che era meglio non scoprirlo. Toccò il marchio e sogghignò. Nella parte sud della città le strade sembravano più affollate, ma non meglio tenute. Gli strati di sporco compresso non avrebbero sollevato polvere al passaggio di cavalli, ma la foresta qui era abbastanza rada perché si riuscisse a vedere in lontananza. Per due volte lasciò la strada e si nascose tra gli alberi per far passare dei gruppi di cavalieri al galoppo. Era probabile che gli abitanti della città avrebbero riferito a Garm della sua presenza. Quando uno dei cavalieri, evidentemente un ufficiale, tornò indietro galoppando furiosamente, lei lo osservò nascosta nell’ombra e annuì fra sé, troppo sicuro. Sorrise digrignando i denti.

Fonte: Marion Zimmer Bradley, “Sword and Sorceress”

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