L’Orsa -parte prima-

di Redazione Commenta

Si racconta che c’era una volta il re di Roccaspra, che aveva per moglie la mamma della bellezza, che, nel meglio degli anni, cadde dal cavallo della salute e si ruppe la vita. Ma, prima che si spegnesse la candela del vivere all’asta degli anni, chiamò il marito e gli disse: “So che mi hai sempre amata con tutte le tue ciliegine; per questo mostrami al fondiglio dei miei anni la schiuma del tuo amore, promettimi di non sposarti mai se non trovi un’altra donna bella come sono stata bella io, altrimenti ti lascio una maledizione a tette spremute e ti odierò fin dentro l’altro mondo”.
Il re, che le voleva bene da qua fino al terrazzo, sentendo quest’ultima volontà scoppiò a piangere e a lungo non riuscì a rispondere una sola maledetta parola. Alla fine, quando smise di lamentarsi, le disse: “Prima che io voglia saperne più di moglie mi venga la gotta, mi colpisca la lancia catalana, sia fatto a pezzi come Storace. Bene mio, dimenticatelo, non sognare neanche che io possa amare un’altra femmina! Tu sei stata l’inizio dei miei affetti, e tu porterai con te gli stracci dei miei desideri”. Mentre lui diceva queste parole, la povera giovane, che già rantolava, rovesciò gli occhi e stese i piedi.

Stappò le fontanelle
Il re, quando vide che Patria era stata stappata, stappò le fontanelle degli occhi e fece uno battitoio e uno strillatoio da fare accorrere tutta la corte, chiamando per nome quell’anima buona, maledicendo la fortuna che gliel’aveva portata via e, strappandosi la barba, rimproverava le stelle di avergli mandato questa disgrazia. Ma, visto che decise di fare come si dice: ‘dolore di gomito e dolore di moglie fa molto male e dura poco, due: una nella fossa e l’altra sulla coscia’, la Notte non era ancora uscita sulla piazza d’armi del cielo a passare in rivista i pipistrelli, che cominciò a farsi i conti sulle dita: “Ecco che mi è morta mia moglie e io resto vedovo e disgraziato senza altre speranze di vedere altro se non questa povera figlia che mi ha lasciato.

Trovare qualcosa
Per questo sarà necessario cercare di trovare qualcosa di adatto per farci un figlio maschio. Ma dove vado a sbattere? Dove trovo una femmina che abbia le bellezze di mia moglie, se tutte le altre sembrano mostracci al confronto? Ora, qua ti voglio! Dove ne trovi un’altra, col bastone? Dove ne cerchi un’altra, col campanello? Se la Natura ha fatto Nardella, che sia in gloria, e poi ha rotto lo stampo? Ohimè in che labirinto mi ha ficcato, sotto che torchio sta la promessa che le ho fatto!ma che? Non ho neanche visto il lupo e già scappo? Cerchiamo, vediamo e comprendiamo: è possibile che non ci sia un’altra asina per la stalla di Nardella? È possibile che per me il mondo sia finito? C’è forse penuria o carestia di femmine? O se n’è perduto il seme?”.

Un bando e un ordine
Dicendo così fece subito pubblicare un bando e un ordine, di quelli di mastro Iommiento, che tutte le belle femmine del mondo venissero a una prova di bellezza, perché voleva prendere in moglie la più bella e darle in dote il regno.
Sparsa la voce dappertutto, non ci fu femmina dell’universo che non venisse a tentare la sorte, non restò bruttina, per deforme che fosse, che non si mettesse in mezzo, perché quando si tocca quest’argomento della bellezza non c’è bubbone che non si dia per vinta, non c’è orca marina che si arrenda: ognuna si impunta, ognuna vuole avere la meglio! E se lo specchio le racconta la verità dà la colpa al vetro, che non la riflette com’è, e all’argento vivo, che è stato spalmato di traverso.

Fiaba di Giambattista Basile

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