La regina della neve -parte sedici-

di Redazione Commenta

Entrarono nel giardino per il grande viale, dove le foglie cadevano una dopo l’altra, e quando al castello le luci si spensero a una a una, la cornacchia condusse la piccola Gerda a una porta sul retro che era socchiusa.
Oh, come batteva il cuore di Gerda per la paura e per la nostalgia! Era come se stesse facendo qualcosa di male, ma in realtà voleva solo sapere se si trattava del piccolo Kay. Certo, doveva essere lui, e Gerda ricordò i suoi occhi intelligenti, i suoi lunghi capelli; le sembrava proprio di vederlo sorridere, come quando erano a casa sotto le rose. Lui sarebbe certamente stato contento di vederla e di sentire che lungo cammino aveva percorso per ritrovarlo e come tutti a casa erano stati tristi quando lui non era ritornato. Oh, era paura e gioia insieme.
Ora si trovavano sulla scala; su un armadio brillava una piccola lampada. In mezzo al pavimento stava la cornacchia domestica che girava la testa da tutte le parti e osservava Gerda fare l’inchino proprio come le aveva insegnato la nonna.

La strada più diretta
«Il mio fidanzato ha parlato così bene di voi, mia piccola signorina!» disse la cornacchia domestica. «Il vostrocurriculum vitae , come si dice, è molto commovente! Se prenderete la lanterna, vi precederò. Faremo la strada più diretta, perché non incontreremo nessuno.»
«Mi sembra che qualcuno ci stia seguendo» disse Gerda. Qualcosa al suo fianco fischiava; era come se ci fossero ombre sulle pareti, cavalli con le criniere svolazzanti e le zampe snelle, giovani cacciatori, dame e signori sui cavalli.
«Sono solo sogni!» disse la cornacchia. «Vengono a prendere i pensieri delle Loro Maestà per portarli a caccia, e è un bene, così voi potrete osservarli meglio nei loro letti. Ma speriamo che se arriverete a ottenere onori e riconoscimenti, mostrerete un cuore riconoscente.»
«Non si deve parlare di queste cose!» esclamò la cornacchia del bosco.

Entrarono nel salone
Poi entrarono nel primo salone, che era tappezzato di raso rosa a fiori, qui i sogni passarono fischiando, ma se ne andarono così in fretta che Gerda non riuscì a vedere le Loro Maestà. I saloni erano uno più bello dell’altro, davvero c’era da rimanere stupefatti; ora si trovavano nella camera da letto. Il soffitto là dentro somigliava a una grossa palma con foglie di vetro, di un vetro prezioso, e in mezzo al pavimento erano appesi a un grosso stelo d’oro due letti, che sembravano gigli; uno era bianco e vi si trovava la principessa; l’altro era rosso, e era quello dove Gerda doveva cercare il piccolo Kay. Sollevò uno dei petali rossi e vide una nuca bruna: oh, era certo Kay! Gridò a voce alta il suo nome e gli avvicinò la lampada. I sogni a cavallo fuggirono dal salone; il principe si svegliò, voltò il capo… oh, non era il piccolo Kay!

Fiaba di Hans Christian Andersen

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