La vecchina

 C’era una volta un re molto giovane, che voleva per moglie la più bella fanciulla del mondo. Quando seppe che questa era la figlia di un ciabattino, parti’, in compagnia di un servitore, per andare a conoscerla. Durante il suo viaggio incontro’ una vecchina che chiedeva l’elemosina e che cadde a terra spinta dal cavallo del re. Il servitore la soccorse e le diede le poche monete che aveva in tasca. Lei in cambio gli regalo’ un anellino. Quando giunsero a casa del ciabattino, il re vide la ragazza, che era veramente la più bella del mondo. E senza perder tempo la chiese in moglie. “Mia figlia – disse l’uomo – sposerà solo chi le farà sentire una puntura al dito mignolo”. Il re volle tentare e si fece presentare la ragazza.

La principessa bugiarda

 C’erano una volta un re e sua figlia. La ragazza era talmente bugiarda che non se ne trovava un’altra come lei in tutto il regno. Il padre decise che se avesse trovato un ragazzo in grado di farle dire la verità, egli avrebbe avuto la principessa in moglie e metà del regno da governare. Il re volle che il suo messaggio arrivasse a tutti i ragazzi dell’età di sua figlia. Mandò in tutto il regno e anche fuori, dei soldati a cavallo che dovevano diffondere il bando. Da qual giorno in poi, furono centinaia i ragazzi che chiedevano udienza dal re per incontrare la principessa. Molti tentavano di cambiare il carattere della ragazza, ma nessuno ci riusciva.

Arianna e Flo

 C’era una volta una bimba che si chiamava Arianna. La piccola abitava in una grande casa in campagna. La sua cameretta aveva due ampie finestre con vista sul giardino. Ogni mattina, Arianna aveva un piacevole risveglio. Flo, il suo gatto nero saltava sul lettino e con una zampetta le toccava la guancia rosa. Se la bimba non si svegliava, Flo cominciava a miagolare. Davanti a tanta insistenza, nessuno potrebbe continuare a dormire. Infatti la bambina si svegliava ogni giorno al mattino presto e appena apriva gli occhi, vedeva gli occhioni gialli spalancati del suo micio. Ma Flo non era l’unico amico a quattro zampe di Arianna.

Sette Minuti

 Nelle vicinanze di Kovaszna ci sono le rovine di un castello. Secondo un’antica credenza, in questo castello c’è un buio e freddo sotterraneo con una grande porta di ferro. Su questa grande porta sta seduta la Regina delle Fate.
Il giorno di Capodanno, ma solo a Capodanno, questa porta si apre e rimane aperta per sette minuti.
Per sette minuti rimane aperta la grande porta del buio e freddo sotterraneo. Ed in questi pochi sette minuti per chi si trova proprio lì davanti, è possibile vedere l’immenso tesoro che si trova accumulato là dentro.

Le dodici fate -parte terza-

 Era corso dietro ad alcune capre nere ed era riuscito a colpirne una sola, mentre le altre si erano dileguate all’ombra delle rupi montane. Andò a coricarsi subito, dimenticando di cingersi per bene alla vita la veste della fata, che portava addosso notte e dì affinché lei non gliela rubasse. La principessa delle fate, vedendo ai fianchi di Valer la veste dal magico potere, trasalì. Le rinacque nell’anima il desiderio di andarsene nel mondo dell’isola marina, dai genitori e dalle sorelle che la aspettavano, a vivere nel fasto e nello sfarzo, perché suo padre era il re del mare. Lo accarezzò e si diede da fare, finché riuscì a svolgere la veste e ad indossarla.

Le dodici fate -parte seconda-

 Un giorno di calda estate, le fate erano uscite per bagnarsi nelle acque del lago Lala e i due giganti ricevettero l’ordine di vigilare fuori dalle mura della cittadella; così non le avrebbero viste mentre giocavano e sguazzavano nude nelle onde. Valer non esitò. Si appressò alla cittadella più che poté, fermandosi ad ogni passo dietro un tronco di un albero per non farsi vedere; quando pensò che fosse il momento opportuno, incoccò una freccia aguzza, con la punta d’acciaio, e saettò il gigante di destra nel bel mezzo del petto. Il dardo penetrò direttamente nel cuore, sicché il gigante, senza poter dire nè ai nè bai, rovinò a terra in un lago di sangue. Adattò un’altra freccia alla corda dell’arco e scoccò pure questa nel petto del secondo gigante.

Le dodici fate -parte prima-

 Una volta, raccontano, sul monte Ineu vivevano dodici fate. La cittadella entro cui vivevano era tutta d’ambra; le porte avevano stipiti d’oro e d’argento ed erano adorne di belle sculture. Le fate erano così belle, che chiunque le guardasse in viso diventava folle d’amore e vagava sulle loro tracce finché non era completamente fuori di sé. La loro signora, la principessa delle fate, non aveva pari: la sua voce era così dolce e incantevole, che i pastori, quando guidavano le greggi alle falde del monte e le udivano cantare nelle sere di luna piena, rimanevano ammaliati e non potevano più dormire la notte.

La Gatta -parte seconda-

 Guardando Fortunio il re lo trovò bello, forte e nobile di portamento, così decise di dargli in isposa sua figlia, la bella Lisetta, con una ricchissima dote. Si celebrarono le nozze con una grande festa, poi il re fece caricare dodici muli di oro, gioielli e vesti preziose, e dopo aver assegnato alla figlia dame di compagnia e cameriere, guardie e servitori, l’affidò a messer Fortunio perché la conducesse a casa sua. Fortunio ora era bello e aveva una sposa con una ricca dote, ma non sapeva proprio dove portarla, e lo disse alla sua gatta, che gli rispose: “Non dubitare, padrone mio, provvederò io a tutto”.

La Gatta -parte prima-

 C’era una volta, tanto tempo fa, nelle terre di Ripacandida, una povera donna di nome Soriana, che viveva di stenti con i suoi tre figli. Soriana un brutto giorno si ammalò e, quando sentì che era giunta la sua ora, chiamò i figli e lasciò loro le sole cose che aveva: al primo una madia dove impastava il pane, al secondo un tagliere sul quale dava forma al pane, e a Fortunio, che era il più piccino, una gatta.
Dopo la morte della povera donna le vicine di casa, quando ne avevano bisogno, andavano a chiedere in prestito ai fratelli maggiori ora la madia, ora il tagliere, e facevano per loro una focaccia, con la quale si sfamavano. Ma quando Fortunio ne chiedeva un pezzettino, i suoi fratelli gli dicevano: “Va’ dalla tua gatta, che te lo darà lei”, e così lui aveva sempre fame.

Il Serpente -parte quarta-

 Passarono quella giornata parlando della bellezza del principe Sauro, della sciagura provocata dai genitori della sposa, delle magie, dei patimenti e degli incantesimi, poi venne la sera, e poi la notte. Allora la volpe, controllando che gli uccelli si fossero addormentati sui rami, salì quatta quatta e li catturò uno dopo l’altro, li ammazzarono e riempirono col loro sangue un’ampollina che la principessa aveva portato con sé. Al mattino si misero in cammino, e la principessa non stava in sé dalla gioia, ma la volpe disse “Il tuo bel progetto non lo realizzerai, perché ti manca l’ingrediente fondamentale, perché al sangue degli uccelli bisognerebbe aggiungere il mio!”, e scappò.