L’Italia non pensa ai bambini: il rapporto Unicef sulle risorse dedicate ai più piccoli

di Redazione Commenta

L’Italia, gli Stati Uniti, la Grecia, il Belgio e il Regno Unito sono Paesi che lasciano più indietro i loro bambini svantaggiati rispetto a Paesi come la Danimarca, la Finlandia, l’Irlanda, la Svizzera e i Paesi Bassi. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Unicef ‘Report Card 9: bambini e adolescenti ai margini’. Secondo il rapporto, le conseguenze e i costi dell’essere “lasciati indietro” o “ai margini” possono essere enormi per i bambini, come pure per l’economia e le società. La ‘Report Card 9’ classifica, per la prima volta, 24 Paesi dell’Ocse sulla base dei livelli di disuguaglianza negli ambiti della salute, dell’istruzione e del benessere materiale dell’infanzia.

Bambini in difficoltà
Mentre imperversano i dibattiti sulle misure di austerità e sui tagli alle spese sociali, il rapporto si concentra sulle centinaia di migliaia di bambini che rischiano di essere lasciati ai margini nei Paesi più ricchi del mondo. Questo non deve accadere“, ha dichiarato il direttore del centro di ricerca Innocenti dell’Unicef, Gordon Alexander. Secondo il rapporto, un numero limitato di Paesi (Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svizzera) risulta ai primi posti nella promozione dell’equità in termini di benessere dell’infanzia. Per contro, Grecia, Italia e Stati Uniti stanno lasciando ancora più indietro i loro bambini.

L’incidenza della crisi
I livelli più bassi di disuguaglianza negli indicatori di salute si registrano nei Paesi Bassi, seguiti da Norvegia e Portogallo, mentre i divari più ampi si trovano in Ungheria, in Italia e negli Stati Uniti. Poiché gran parte dei dati presentati nel rapporto si riferisce agli anni direttamente precedenti la crisi finanziaria, il quadro che emerge dalla ricerca è “un’istantanea scattata in un periodo di crescita economica“. Ma l’impatto più pesante della flessione economica rischia di ricadere proprio sulle famiglie più vulnerabili e sui loro bambini. “Nei periodi di difficoltà”, si scrive nel rapporto, “i bambini più poveri dovrebbero essere i primi ad essere protetti, non gli ultimi ad essere presi in considerazione. Un bambino ha un’unica possibilità nella vita di uno sviluppo fisico e mentale positivo. Ed è una responsabilità primaria dei governi proteggere quella possibilità, in tempi di crisi come in tempi di prosperità“.

La ricaduta dei costi sui bambini
Centinaia di studi effettuati in diversi Paesi dell’Ocse hanno dimostrato che tra i costi del lasciare troppo indietro i bambini e gli adolescenti figurano una maggiore probabilità di ricevere un’alimentazione inadeguata, dei risultati scolastici peggiori, lo stress cronico e una compromissione dello sviluppo. “I costi più pesanti del divario ricadono sul bambino“, precisa il rapporto. Ma il lungo elenco dei problemi suddetti si traduce anche in costi significativi per la società nel suo complesso: “un conto da pagare che per i contribuenti si traduce in maggiori criticità nei servizi sanitari e ospedalieri, nell’insegnamento di riparazione, nei programmi di assistenza e di protezione sociale“.

Il benessere dei bambini
Tuttavia il rapporto suggerisce una risposta pratica, mostrando che alcuni Paesi operano più efficacemente di altri per limitare il divario nel benessere tra i propri bambini. Il documento mette in risalto quei Paesi che stanno utilizzando in modo più efficace gli assegni familiari e le esenzioni fiscali per colmare il divario in termini di disuguaglianza e di povertà nei redditi tra i bambini. Al tempo stesso, il rapporto mostra numerosi esempi di Paesi che hanno risultati medi migliori nei vari ambiti di benessere infantile e che sono in grado di limitare a livelli minimi il divario per i bambini più svantaggiati. Si sostiene, pertanto, che sia possibile raggiungere una maggiore uguaglianza senza sacrificare l’efficienza, l’eccellenza e le prestazioni economiche.

Le differenze tra Paesi
I 24 Paesi dell’Ocse messi a confronto sono tutti paesi economicamente avanzati e dotati di capacità analoghe di limitare la povertà infantile“, puntualizza Alexander. “Il fatto che alcuni Paesi stiano facendo meglio di altri dimostra che le dinamiche di esclusione possono essere spezzate e che, quando l’esclusione viene individuata tempestivamente, si possono prendere dei provvedimenti atti a prevenire l’allargamento del divario tra bambini. Le differenze tra Paesi evidenziate dal rapporto offrono un obiettivo realistico per il miglioramento“.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>