Parto sicuro: i ginecologi chiedono meno strutture ma più organizzate

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La nuova mappa del parto in Italia deve prevedere un numero inferiore di strutture sul territorio ma meglio attrezzate, con la presenza, 24 ore su 24, di una guardia ostetrica, del neonatologo e la possibilità di usufruire dell’analgesia epidurale, con la disponibilità a tempo pieno dell’anestesista. E’ quanto affermano i ginecologi della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), dell’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi) e della Federazione sindacale medici dirigenti (Fesmed), che propongono il riordino del sistema materno infantile del nostro Paese dopo i recenti casi di malasanità che hanno coinvolto partorienti e neonati.

Cosa serve per garantire un parto sicuro
Indispensabile, secondo gli specialisti che fissano 5 punti cardine per questa riorganizzazione, anche una diagnostica per immagini, con laboratorio d’urgenza ed emotrasfusionale sempre operativo e il trasporto di emergenza per i trasferimenti delle mamme e dei neonati in centri di specializzazione superiore.
Indipendentemente dal numero di nascite che vengono assistite, la mancanza di questi 5 requisiti crea le condizioni perché si possa verificare l’errore, ammoniscono i ginecologi.

La mortalità infantile in Italia
Gli specialisti riuniti a Roma per parlare di salute materno-infantile ricordano comunque che l’Italia è uno dei Paesi migliori al mondo nel settore: la mortalità infantile è del 3,3 per mille, quella neonatale del 2,3 per mille (contro il 5,3 in Gran Bretagna e il 6,7 negli Usa).

La riorganizzazione del sistema delle nascite
E’ necessario dunque rassicurare la popolazione e “cogliere l’occasione di quello che è stato un ‘mese caldo’ – ha evidenziato il presidente della Sigo Giorgio Vittori – per riorganizzare il sistema nascite, un po’ dimenticato dopo il ‘baby-boom’ degli anni ’60. Ma da allora la situazione è cambiata: i nuovi nati sono circa la metà e l’età media della donna al primo figlio è di 34 anni”.
Più complessità, dunque, e alcune criticità, come il numero di cesarei che nel nostro Paese è il più alto d’Europa (38% di tutti i parti). “Un ospedale deve dichiarare quali servizi è in grado di offrire – ha aggiunto Vittori – cosicché ogni donna possa avere la possibilità di scegliere dove partorire, dopo aver valutato le dotazioni della struttura alla quale intende affidarsi“.

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